6 Miti da sfatare sul coaching

da Gen 25, 2022Coaching

 

Negli ultimi anni, il coaching ha raggiunto livelli di popolarità altissimi anche qui in Italia e, come succede ogni volta che qualcosa diventa popolare, tutti ne parlano.

Questo significa che magari ne parla anche chi non ne ha diretta esperienza, generando involontariamente confusione e disinformazione.

Come Life e Business Coach professionista, penso sia mio dovere cercare di fare chiarezza in materia, ecco perché ho deciso di raccogliere in questo articolo 6 miti da sfatare sul coaching.

Il mio intento è quello di offrire un quadro realistico su questa metodologia, dissipare dubbi e malintesi su come funziona, sui benefici che offre e sulla figura del Life o Mental Coach.

Naturalmente, questi sono solo alcuni dei falsi miti che circolano attorno al coaching, o perlomeno, sono quelli in cui mi sono imbattuta più frequentemente.

 

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Eccoti i 6 miti da sfatare sul coaching e scopri subito quanti anche tu credevi fossero verità!

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1 – Il coaching è solo per manager, dirigenti e leader

Parto da questo luogo comune perché è davvero molto diffuso. Probabilmente dipende dal fatto che il coaching è molto utilizzato in azienda, ma questo non significa che si rivolga solo alle figure sopra citate.

Per beneficiare di un percorso di coaching non è necessario occupare ruoli di rilievo o responsabilità, essere a capo di un team o avere una carriera prestigiosa.

Se vogliamo dirla tutta, non ha alcuna importanza quale sia la tua professione e se hai un lavoro o meno!

Ogni percorso di coaching è unico, proprio come la persona che lo intraprende e le tipologie di obiettivi sono molteplici.

Tra queste non ci sono solo quelli legati alla leadership, alla performance o a risultati da raggiungere.

Si può decidere di rivolgersi ad un coach per motivi personali, assolutamente slegati dalla propria attività lavorativa.

Infatti, il life coaching è proprio l’ambito in cui questi percorsi avvengono.

Per esperienza, posso dirti che tra i miei clienti ci sono e ci sono stati professionisti di ogni tipo: ingegneri, manager, ma anche artisti, imprenditori, insegnanti, casalinghe e studenti.

Qualunque sia la tua professione, se stai vivendo un momento di incertezza, se stai affrontando un cambiamento, hai un progetto da realizzare o desideri migliorare te stesso, il coaching è decisamente per te!

 

2 -Il coaching serve solo a migliorare la performance o raggiungere obiettivi

Questo falso mito deriva in un certo senso dal precedente e suona un po’ come un’equazione.

Se si parte dal presupposto (errato) che il coaching sia solo per manager, dirigenti e per chi copre ruoli di responsabilità, è facile vedere il coaching semplicemente come mezzo per migliorare la performance, raggiungere target o ottenere risultati. Non dico che non lo sia, dico che questa non è l’unica funzione del coaching.

Il coaching, ad esempio, è molto indicato quando:

  • si è alla ricerca di una nuova strada professionale
  • quando ci si trova davanti ad un bivio e bisogna prendere una decisione importante
  • quando ci si senti bloccati in una situazione e non si sa come andare avanti
  • quando si desidera valorizzare i propri punti di forza e lavorare sui punti d’ombra
  • quando ci si sente insoddisfatti e si cerca un cambiamento
  • quando è il cambiamento ad entrare nella nostra vita e non si sa come navigarlo

Ad esempio, ho lavorato con clienti che stavano attraversando momenti difficili e che desideravano un supporto; ho aiutato altri a trasformare un hobby in un business; ho guidato molti alla ricerca dello scopo della propria vita; qualcuno ad uscire da una fase di “burn out” (specialmente dall’inizio della pandemia) e tanti a trovare strategie per affrontare le difficoltà quotidiane al lavoro e a casa.

Come vedi, performance e risultati sono solo due dei tanti benefici che il coaching può riservare.

3 – Per ricevere consigli non serve un Life Coach, basta un amico

Ecco un altro mito basato su una convinzione erronea e purtroppo difficile da eradicare, ovvero quella che un Life o Mental Coach dia consigli ai suoi clienti.

Chiariamo subito che non è assolutamente così, quindi l’idea che un amico possa sostituirsi ad un coach è frutto della scarsa conoscenza del metodo.

Non mi dilungherò in spiegazioni dettagliate sulle tecniche che si utilizzano nelle sessioni, se vuoi puoi scoprire di più qui, mi limiterò a dire, in maniera molto semplice e veloce, che lo strumento principale che il coach utilizza è la domanda.

Non il consiglio, non la condivisione di opinioni ed esperienze personali.  Approfondirò l’argomento al punto numero 6.

Quindi, no, parlare con un amico non potrà mai essere come rivolgersi ad un professionista che si è formato per essere in grado di aiutare i propri clienti!

E qui mi allaccio al prossimo mito.

4 – Il coach deve avere un background simile a quello dei clienti a cui si rivolge

 

Ora che abbiamo sfatato una volta per tutte il mito del coach come fornitore di consigli, facciamo un passo avanti e superiamo anche quello del coach come “esperto” che trasmette la propria conoscenza al cliente.

Se questo è ciò che tu credi faccia un coach, sappi che lo stai confondendo con il consulente o il formatore.

Un consulente è un esperto in un campo specifico che offre la propria esperienza, guida e consigli: ad esempio, un consulente finanziario può consigliarti come investire i tuoi risparmi, o un consulente d’immagine ti aiuterà a valorizzare il tuo aspetto. Un formatore, invece, insegna, “forma” altre persone.

Il coach, come abbiamo detto prima, non fa niente di tutto ciò, ecco perché non ha importanza se ha o meno punti in comune con i propri clienti o un background professionale simile. Ciò che invece è imprescindibile, è che si sia formato come coach, in scuole riconosciute e, meglio ancora, che sia in possesso di credenziali ICF (International Coaching Federation). Io, ad esempio, sono Associate Certified Coach ICF e membro di ICF Global.

Insomma, per fare coaching ad un ingegnere, il coach non deve essere laureato in ingegneria, così come per fare coaching ad un insegnante, non deve avere insegnato, né per lavorare con un musicista deve saper suonare uno strumento, chiaro?

Che poi alcuni clienti prediligano affidarsi a coach in cui si “identificano”, è una scelta personale, che però può rivelarsi un’arma a doppio taglio.

A volte, infatti, si è molto più efficaci come coach se non si ha nessuna esperienza della vita del cliente, perché si è più obiettivi e l’obiettività è una componente fondamentale nel coaching.

 

 

5 – Tutti possono diventare Life Coach

 

Restiamo focalizzati sulla figura del Life Coach per sfatare un mito che si sta diffondendo sempre di più e che, a mio avviso, sminuisce questa splendida professione e tutto il lavoro che c’è dietro ad un’attività di coaching di successo (cioè di cui si vive realmente, non di cui si parla e basta).

Vorrei non dover sfatare questo mito e dirti che chiunque può diventare coach, ma non sarei onesta.

Essere animati dalla voglia di aiutare gli altri o essere appassionati di crescita personale non è sufficiente.

Per essere un buon coach è necessario avere un buon controllo delle proprie emozioni, disciplina nel raggiungere i propri obiettivi, grande apertura mentale, maturità, empatia, assenza di giudizio, creatività, leadership, solo per citare alcune caratteristiche essenziali.

A questi tratti va aggiunta la formazione di cui ho parlato prima oltre che la capacità imprenditoriale, cioè essere in grado di procurarsi clienti ed occasioni di lavoro, perché la professione del coach si svolge in proprio.

Se tu pensi che tutti abbiano queste capacità, allora forse hai ragione tu.

Io però, dopo avere visto la stragrande maggioranza dei coach che ho conosciuto in questi anni non riuscire ad andare oltre la formazione (nel senso che in molti si iscrivono ai corsi per diventare coach professionista, ma pochissimi riescono poi a svolgere la professione), resto della mia idea.

In fondo, se ci pensi, non esiste una professione che tutti potrebbero svolgere, o no?

Tu credi che tutti possano diventare medico? Attore? Cuoco? Contabile?

Io no, infatti penso che non potrei svolgere con successo nessuna di queste professioni! E allora perché mai tutti potrebbero essere coach? Mi fermo qui.

 

 

socrate, falsi miti sul coaching

6 – Il coaching non ha basi solide

 

Eccoci arrivati all’ultimo mito da sfatare. Ultimo solo in ordine di numero, ma non certo per importanza, anzi, qui ne va della reputazione del metodo che pratico, perciò mi sta decisamente a cuore.

Nel caso tu non lo sappia, il coaching non è poi così “giovane”; infatti, le sue origini risalgono a più di quaranta anni fa.

Nasce negli Stati Uniti, nel mondo sportivo, nello specifico, in quello del tennis. Negli anni Ottanta si diffonde anche nell’ambito aziendale e a seguire in quello personale, grazie a Sir John Whitmore, il “padre” del coaching.

 

Scopri di più sulle origini del coaching qui.

Tornando a parlare di solidità del metodo, tieni presente che la tecnica della domanda, di cui ti ho parlato più volte in questo articolo, si fonda nientemeno che sulla Maieutica di Socrate.

Giusto per rinfrescarti le idee e fare un ripassino veloce di filosofia, Socrate, invece di dare consigli ai suoi studenti e discepoli quando questi gli chiedevano aiuto, si limitava a fare loro delle domande. Attraverso le domande, essi erano in grado di riflettere e giungere da soli alle proprie conclusioni.

Il coaching prende in prestito questa tecnica, perché si fonda sulla convinzione che ognuno di noi abbia dentro di sé tutte le risorse e risposte necessarie e che offrire consigli non aiuti le persone a crescere, ma le limiti.

Allora, sei ancora convinto che il coaching non abbia basi solide?!

E come è andata con gli altri miti, sei rimasto stupito o no?!

 

Se poi desideri toglierti ogni dubbio sul coaching, il modo migliore è sperimentarlo sulla tua pelle.

Prova una sessione gratuita con me e scopri come funziona davvero il coaching!

 

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